Anche questa
volta partecipo con gioia al gioco di Patricia Moll: insieme raccontiamo
appuntamento 14. Come al solito lei lancia un incipit e noi proseguiamo con un finale. QUI il link che rimanda al post originale.
Questa volta
ho dovuto tenere a freno la fantasia, ho preso la deriva verso lidi che si
trovano al confine tra sogno e realtà. Spero che l'esperimento possa risultare
gradevole.
L'incipit di Patricia
Seduta ai
margini del bosco sotto alla vecchia quercia spoglia rimuginava. Un peso le
gravava sulla coscienza. Forse era giunta l’ora di liberarsene ma con chi parlarne?
A chi rivolgersi? Chi avrebbe capito?
D’un tratto
il tappeto di foglie ingiallite dall’autunno scricchiolò vicino a lei. Si
voltò.
Il mio finale
Era tornata
a casa sua, ma non aveva pace. Fluttuante e impalpabile. Lo spirito tormentato di suo figlio impediva un
vero ricongiungimento. L'accettazione.
Di nuovo lo scricchiolio di foglie. La via dei canti si fece luce, il serpente
arcobaleno apparve immenso. Era stato chiamato, invocato da quell'anima dolente in cerca di consolazione. Occhieggiando e muovendo il capo invita la donna a
proseguire il viaggio. Kanmare, che
attraversa le acque, viaggia in terre lontane, unisce uomo a uomo attraverso i
sogni, ingoia i malvagi, canta di genti e civiltà perdute. I sogni che
preesistono e persistono. L'essere umano che si fa terra, roccia, corso d'acqua,
vento, pioggia, pozza, albero.
Arcobaleno.
Vita eterna.
Tempo circolare.
1980
Il bambino si
sente precipitare, la caduta gli mozza il fiato. Ha paura. Vorrebbe svegliarsi.
Sogna. È tutto così reale. Una mano lo afferra. Salda. Apre gli occhi e vede
sua madre. Non ode alcun suono ma vede. Percepisce il dolore di lei, il senso
di colpa per averlo lasciato solo. Lo chiama. Senza parole. Solo alito di
vento, colori. Chiarissimi.
Lui sta
sognando, lei sta sognando. Sogno nel sogno.
Visioni.
Riconosce il
luogo dove giace.
Può
ritrovarla.
Finalmente
pace.
Placare il
suo spirito inquieto.
Apre gli
occhi. Ansimante si guarda intorno. Ha immaginato di essere piccolo, un bimbo.
Solo i fanciulli possono dar corpo ai sogni.
Aveva lasciato gli Stati Uniti da
circa un mese, la sua ossessione lo aveva portato sino in Australia. Era uno scienziato, ma questa volta si era affidato a ben altro.
Il suono del
Didgeridoo è ossessivo, ripetitivo,
modulato, vibrante. Ipnotico. Gli aborigeni che lo ospitano sorridono. Sanno.
Anche loro hanno sognato.
L'uomo ha
visto. Non ha nemmeno bisogno di cercare il punto sulla mappa. Sa esattamente
dove andare per ritrovare il corpo di sua madre scomparsa durante una
spedizione naturalistica trent'anni prima nei territori del nord. Uluru, "il grande masso"
lo aspetta, il luogo dove il tempo non è tempo, dove la via del sogno è
eternità, dove il passato e il presente si fondono.