scrivere per vivere vivere per scrivere

scrivere per vivere vivere per scrivere
La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM

venerdì 28 agosto 2015

Sul sentire comune, scorci e frammenti


Nei giorni scorsi ho letto due post, di due blogger con caratteristiche diverse ma con lo stesso amore per la rievocazione e l'omaggio a cose passate: Patricia Moll con il suo Mirtylla's House e Cristina con Athenae Noctua.
Nel leggere i loro post, ho subito ritrovato frammenti della mia infanzia, non necessariamente legati a quello che avevano scritto. Immagini color seppia, che si muovono a scatti come nei vecchi film. Sono gli scherzi della memoria, basta un dettaglio perché si metta in moto con dinamiche apparentemente casuali. La memoria, quasi come un corpo vivo, che fluttua leggero nello spazio del comune sentire e che ogni tanto sfiora sensazioni e pensieri lasciati liberi da chi sa chi traendone energia. Come tutto ciò che riguarda le vecchie pellicole segni di bruciatura e distorsioni, ma anche tanta struggente nostalgia mista a divertimento nel rivederle.
Ho ripensato a me stesso dodicenne, al mio vecchio professore di lettere, a un compito a casa inusuale e deliziosamente intrigante per un bambino.
« Ragazzi, domani mattina, durante percorso che fate per venire a scuola, provate a camminare tenendo lo sguardo un po' più alto rispetto alla linea dell'orizzonte. Cercate di guardarvi intorno con attenzione, soprattutto guardate su, verso le finestre, i cornicioni dei palazzi. Osservate i dettagli. Ovviamente cercate di non investire gli altri passanti e di non finire sotto una macchina.»
Ci fu una risata generale. Tutti felici e sollevati per lo scampato pericolo in merito alla possibilità di dover studiare a memoria la solita sbobba, ce ne andammo a casa.
Ma tant'è … La curiosità e la novità della cosa mise radice.
Il giorno dopo, uscendo di casa, percorro  salita Santa Brigida con a destra il palazzo della Famiglia Dufour e i suoi frontoni decorati in evidente contrasto con i palazzi sull'altro lato di aspetto dimesso ed evidentemente popolari. Attraverso l'arco che permette di accedere a via balbi scorgendo la locandina votiva dedicata alla santa che dà il nome alla salita. Via balbi mi appare sotto una luce diversa, osservo un palazzone di cui una metà conserva ancora i segni dei bombardamenti dell'ultima guerra, non ci avevo mai fatto caso, o meglio lo avevo sempre visto senza guardarlo veramente. Subito dopo il Palazzo Reale, così chiamato da che la famiglia Savoia lo acquistò dai Balbi per adibirlo a residenza genovese. Un palazzo seicentesco di una bellezza sfolgorante. Percorro via balbi superando la sede dell'università anch'essa appartenuta alla famiglia balbi e successivamente ai Gesuiti che ne fecero un polo didattico già dal 1775. Entro in piazza dell'Annunziata e scorgo la Basilica della santissima Annunziata del Vastato, un misto di tardo manierismo e barocco. Lì c'è un attraversamento pedonale e se non fosse stato per un gentile tassista che mi ha urlato di stare attento sarei finito investito dalle auto, tanto ero perso nell'ammirare le guglie dei due campanili. E via così, tutto un guardarmi intorno e scoprire cose mai viste nonostante che quello fosse il mio percorso da anni e che fossi nato e cresciuto nel centro storico.
In classe, quella mattina, discutemmo a lungo delle nostre impressioni. Io personalmente scoprii per la prima volta Genova, cosa significasse vivere in una città ricca di storia, a quante cose mi passavano davanti agli occhi che semplicemente ignoravo. Tutti i miei compagni raccontarono dettagli riguardanti le rispettive "scoperte". Il nostro prof di lettere e storia ci guardava sorridendo mentre facevamo a gara per arricchire i nostri racconti di quante più immagini potevamo. Poi, con molta calma, ci disse che quello era il modo di affrontare le sue materie, attenzione ai dettagli, perché dietro alle singole parole non c'erano solo giochi stilistici ma sentimenti ed emozioni, riflessione sui fatti perché la storia non era solo date e celebrazione di eventi, ma carne e sangue di uomini che quegli eventi li hanno vissuti. Uomini che parlavano in un certo modo, che sognavano, lottavano, che semplicemente avevano vissuto lasciando un segno del loro passaggio perché noi si potesse godere di un presente diverso e più ricco rispetto al loro. Dovevamo "sentire" i racconti, i romanzi. Dovevamo "ascoltare" le voci degli uomini che avevano vissuto le vicende di epoche passate. Chissà che fine ha fatto fratel Raffaele, della scuola di San Giovanni Battista De La Salle, con solo un vestito per l'inverno e uno per l'estate, ma ricchissimo di universi e mondi da regalare.

Tutto qui. Come potete osservare … facezie.


© 2015 di Massimiliano Riccardi.

martedì 25 agosto 2015

Il post più inutile del mondo



Qualche anno fa ebbi un'esperienza abbastanza dura in carcere. Non da detenuto, ma per motivi professionali, come operatore. Premetto che non ero partito "vergine" in merito a conoscenze e frequentazioni, sono vissuto anni nel centro storico di Genova e ho frequentato in gioventù ragazzi che hanno preso la deriva. Subito dopo decisi di mettere su carta le mie esperienze. Un diario? Naa, non è nel mio stile. Un breve resoconto? Nemmeno. Allora decisi di provare a scrivere un romanzo. Ovviamente essendo assolutamente incostante e disordinato persi quasi subito gli stimoli e abbandonai il progetto.
Passarono gli anni e tutto finì nel dimenticatoio. Poi, un bel giorno ripresi in mano un vecchio manoscritto e mi misi al lavoro su quello, in questo caso portai a termine la cosa sino al punto che, dopo molte peripezie, riuscii a coinvolgere un editore e lui, bontà sua, mi diede fiducia, quindi se tutto andrà bene a breve uscirà un bel romanzo che spero possa piacere agli altri tanto quanto è piaciuto a me che l'ho scritto. Nel frattempo sto completando il secondo romanzo ricavato dai tanti manoscritti iniziati e lasciati lì a raccogliere polvere. 
Questa mattina, scartabellando vecchi file, mi capitano sotto gli occhi alcuni capitoli della storia carceraria, ovviamente scritti di getto e mai editati. Una storia che non ha nulla a che vedere con il romanzo che uscirà, ne nei contenuti e tanto meno nel tipo di narrazione. Ebbene, vi propongo un brevissimo brano. La domanda che pongo a tutti è questa: può piacere una storia di malavita e carcere? Vi sembra che possa essere gradevole come è impostato lo stile narrativo? Dite la vostra liberamente senza paura di offendermi perché tanto si tratta di una bozza scritta di getto, non rifinita e non corretta, in cui tutto deve ancora essere definito. Grazie a chi avrà la bontà di lasciarmi un'impressione.

  ... Mentre scendo le scale del terzo piano della Seconda Sezione, la sezione dei già condannati, quelli che devono soltanto scontare la pena, incontro i detenuti che tornano dai "passeggi". Uno di loro passandomi accanto mi stringe il braccio guardandomi  intensamente, dura un secondo, tira diritto e si volta solo una volta, fa un cenno con il capo come a volermi ricordare che mi conosceva, una specie di segnale di intesa. Non è mai bello se accadono cose del genere. Inopportuno, assolutamente fuori luogo, ma soprattutto pericoloso. Il tipo si chiama Manuel, un quarantenne dal fisico asciutto, braccia definite con muscoli tonici ricoperti di tatuaggi e camminata leggera, quasi felpata, tipica di coloro che fanno sport e sono abituati a correre. Il suo sguardo mi lasciò un senso di inquietudine, non di paura. Quegli occhi con sotto disegnata una lacrima dall'inchiostro sbiadito presagivano guai in arrivo. Effettivamente lo conosco di vista, ai suoi tempi bazzicava nel quartiere di Bolzaneto, girava voce che fosse affiliato alla famiglia dei Corsucci, 'ndranghetisti di Taurianova che facevano affari a Genova con un paio di cementifici a coprire spaccio e bische clandestine. Sta di fatto che si era beccato 12 anni per aver sparato 4 colpi di pistola ad un albanese in un bar del centro, ammazzandolo senza una parola, così in pieno giorno. Un personaggio tosto Manuel. Era dentro come un detenuto comune, in qualche modo era riuscito ad evitare l'accusa di associazione mafiosa. La cosa era parsa strana persino ai giudici, evidentemente compiere un atto così eclatante alla luce del sole era un atto dovuto. Quando "qualcuno" ti chiede di fare certe cose non è possibile dire di no. Corri i tuoi rischi con la legge perché fa parte del codice morale del criminale accettare di annullare la tua vita per il bene della "famiglia"...


© 2015 di Massimiliano Riccardi

sabato 22 agosto 2015

Facezie... Il potere degli stupidi - Tratte da una riflessione di Carlo "Maria" Cipolla


Nel titolo ho lasciato volutamente il secondo nome Maria, ovviamente è frutto di un equivoco volutamente provocato dal professor Cipolla che pubblicava aggiungendo una M subito dopo il primo nome.
Ma veniamo al sodo.

Sono molti gli stimoli che ci scrollano dal torpore e che portano a valutare quello che è il mondo circostante con desolante lucidità. Immancabilmente, come fosse una costante matematica osserviamo la presenza degli stessi personaggi, facce diverse, nomi diversi, ma caratteristiche antropologiche identiche. 
Non è difficile comprendere come il potere politico o economico o burocratico accresca il potenziale nocivo di una persona stupida. Ma dobbiamo ancora spiegare e capire cosa essenzialmente rende pericolosa una persona stupida; in altre parole in cosa consiste il potere della stupidità.
Essenzialmente gli stupidi sono pericolosi e funesti perché le persone ragionevoli trovano difficile immaginare e capire un comportamento stupido. Una persona intelligente può capire la logica di un bandito. Le azioni del bandito seguono un modello di razionalità: razionalità perversa, se si vuole, ma sempre razionalità. Il bandito vuole un «più» sul suo conto. Dato che non è abbastanza intelligente per escogitare metodi con cui ottenere un «più» per sé procurando allo stesso tempo un «più» anche ad altri, egli otterrà il suo «più» causando un «meno» al suo prossimo. Tutto ciò non è giusto, ma è razionale e se si è razionali lo si può prevedere. Si possono insomma prevedere le azioni di un bandito, le sue sporche manovre e le sue deplorevoli aspirazioni e spesso si possono approntare le difese opportune.
Con una persona stupida tutto ciò è assolutamente impossibile. Come è implicito nella Terza Legge Fondamentale*, una creatura stupida vi perseguiterà senza ragione, senza un piano preciso, nei tempi e nei luoghi più improbabili e più impensabili. Non vi è alcun modo razionale per prevedere se, quando, come e perché, una creatura stupida porterà avanti il suo attacco. Di fronte ad un individuo stupido, si è completamente alla sua mercé.
Poiché le azioni di una persona stupida non sono conformi alle regole della razionalità, ne consegue che:
a) generalmente si viene colti di sorpresa dall’attacco;
b) anche quando si acquista consapevolezza dell’attacco, non si riesce ad organizzare una difesa razionale, perché l’attacco, in se stesso, è sprovvisto di una qualsiasi struttura razionale.
Il fatto che l’attività ed i movimenti di una creatura stupida siano assolutamente erratici ed irrazionali, non solo rende la difesa problematica, ma rende anche estremamente difficile qualunque contrattacco – come cercare di sparare ad un oggetto capace dei più improbabili ed inimmaginabili movimenti. Questo è ciò che Dickens e Schiller avevano in mente quando l’uno affermò che «con la stupidità e la buona digestione l’uomo può affrontare molte cose» e l’altro che «contro la stupidità gli stessi Dei combattono invano».
Occorre tener conto anche di un’altra circostanza. La persona intelligente sa di essere intelligente. Il bandito è cosciente di essere un bandito. Lo sprovveduto è penosamente pervaso dal senso della propria sprovvedutezza. Al contrario di tutti questi personaggi, lo stupido non sa di essere stupido. Ciò contribuisce potentemente a dare maggior forza, incidenza ed efficacia alla sua azione devastatrice. Lo stupido non è inibito da quel sentimento che gli anglosassoni chiamano self-consciousness. Col sorriso sulle labbra, come se compisse la cosa più naturale del mondo lo stupido comparirà improvvisamente a scatafasciare i tuoi piani, distruggere la tua pace, complicarti la vita ed il lavoro, farti perdere denaro, tempo, buonumore, appetito, produttività – e tutto questo senza malizia, senza rimorso, e senza ragione. Stupidamente.

Sempre, lo stupido, ha un'altissima opinione di sé. Di solito è specializzato in qualcosa che lo vede eccellere per cui si arroga il diritto di contrastare chiunque. Ci riesce. Molto spesso. Persevera, senza motivo. Stupidamente.

© 2015 di Massimiliano Riccardi

mercoledì 19 agosto 2015

MARIANGELA CERRINO, la Signora del fantasy passando dal romanzo storico e altro ancora…INTERVISTA

Una scrittrice, una Signora della letteratura. Se fossimo in Francia o in un altro Paese Europeo che privilegia la cultura a discapito di altre amenità, verrebbe incensata dal grande pubblico e si sarebbero scritte pagine e pagine di giornali. Pensate che stia esagerando?
Mariangela Cerrino scrive il suo primo romanzo all'età di diciassette anni, un volume storico sulla rivoluzione americana. La casa editrice Sonzogno lo pubblica. Sempre con la stessa casa editrice, dal 1966 sino al 1973 pubblica 14 romanzi storici con lo pseudonimo di Mary I. Cherry, libri con copertine disegnate da Guido Crepax. Nei periodi successivi scrive altri cinque romanzi per la Casa Editrice Frontiera.


Negli anni '80 decide di reinventarsi e tentare nuove strade e si dedica con successo al fantasy e alla fantascienza. Pubblica un racconto che viene subito comprato dalla RAI e utilizzato per una importante trasmissione televisiva. Visto il successo continua a produrre romanzi fantastici, genere che la lancia nelle vette delle classifiche. Nel 1983 vince il Premio Italia con il racconto "Il segreto di Mavi-Su". Iniziano collaborazioni con importanti editori come Peruzzi, Arnoldo Mondadori, Fanucci, Editrice Nord. Nel 1989 con il romanzo di fantascienza "L'ultima terra oscura" vince il secondo Premio Italia. Si consolida come un punto di riferimento nel fantasy Italiano con la serie del "ciclo di Mu" sino a "Gli eredi della luce". Continua il suo percorso di ricerca storico e dall'epopea americana passa al "ciclo degli etruschi" che comprende tre romanzi tutti editi dalla Longanesi, con il primo della serie, nel 1990 vince nuovamente il Premio Italia come miglior romanzo dell'anno. Seguono altri romanzi e il quarto Premio Italia della sua carriera come miglior romanzo dell'anno.

Dal 1999 in poi si dedica al "Ciclo dell'anno mille" producendo quattro importanti romanzi storici editi dalla Longanesi e SusaLibri Editore. Continua la produzione di romanzi, spaziamo dal romanzo storico al fantasy, dal mistery e all'avventura, la vena artistica di questa Autrice sembra inesauribile. Nel 2008 la Mondadori ristampa i romanzi del "ciclo di Mu". Nel 2012 esce per la Rizzoli "Absedium" un romanzo storico sulle guerre galliche visto dalla parte dei Galli occupati.


Vi sembra che le mie affermazioni iniziale possano essere tacciate di esagerazione?
Molto bene, chiarito che ci troviamo di fronte a una colonna dell'editoria Italiana, passiamo a qualche curiosità che mi sono permesso di sollecitare direttamente alla signora Cerrino. Bontà sua e con molta pazienza ha ceduto all'insistenza di questo povero blogger.

- Prima di tutto, un grazie a tutti i miei lettori (e a quelli che lo diventeranno!) e poi possiamo passare alla prima, fondamentale domanda: “Perché scrivo?”
Perché ho sempre amato le visioni che le parole possono creare; fin da bambina molto piccola, e per merito della mia mamma, che con le parole sapeva creare intorno a me un mondo fantastico in tempi in cui questa parola era sconosciuta ai più. Tempi in cui esistevano soltanto i libri. Per merito dei miei genitori ho cominciato a leggere a cinque anni, e da allora non mi sono mai fermata. Così ho conosciuto migliaia di mondi e vissuto migliaia di vite. E poi ho cominciato a scrivere di mondi e di vite.
- L’esordio – lo pseudonimo
Ho esordito molto giovane. Il mio primo romanzo è stato pubblicato nel marzo del 1966 e io avrei compiuto diciotto anni nel dicembre successivo, anche se lo avevo scritto quando di anni ne avevo soltanto quattordici. Ma era impensabile per un grande editore come Sonzogno proporlo con un nome italiano nella sua nuova collana che lanciava, contemporaneamente agli Oscar Mondadori, la novità dei libri tascabili a prezzo contenuto. Lo pseudonimo, tuttavia, l'avevo scelto già nel momento in cui avevo deciso che "avrei fatto" la scrittrice. Per quell’esordio non ho incontrato alcuna difficoltà. Ho semplicemente mandato all'editore il dattiloscritto e dopo un paio di mesi è stato accettato. Sul contratto ci sarebbe stata, ovviamente, anche la firma di mio padre (ero minorenne!). La collaborazione è andata avanti per più di dieci anni. Ripensandoci ora, sembra davvero di parlare di "un altro mondo".
- Una domanda che spesso mi viene rivolta è: quale romanzo o saga ti è rimasto nel cuore, e perché?
Il ciclo degli Etruschi mi ha dato molte soddisfazioni, anche con le traduzioni in Germania e Spagna e le molte ristampe, e mi ha aiutata in un periodo non proprio facile della mia vita e così il ciclo dell'Anno Mille. Non dimentico Lisidranda, che è la storia della Terra della precedente Ruota del Tempo, rovinata dalla violenza e dalla cupidigia degli esseri umani che l'hanno resa sterile, assetata e devastata.
Il romanzo più recente, Absedium, Il Vento di Alesia, è un romanzo molto intenso che  narra, servendosi della figura di un giovane bardo, Ceidrac, della resistenza  del popolo di Gallia all'invasione dei Romani e della guerra che ha sconvolto e devastato per lunghi anni l'intero paese con ferocia. Anche questo mi è molto caro, perché è stato, per me, ritornare alle origini.
Il mio romanzo “del cuore” è comunque Il Margine dell’Alba, ambientato nelle mie terre al tempo delle guerre tra cattolici e valdesi; un romanzo che mi ha coinvolta moltissimo. Ma, lo devo ammettere,  ogni romanzo, per un motivo o per l'altro, è sempre "caro" agli occhi di un autore, se è stato scritto mettendoci l'anima.
E poi ci sono i personaggi, quelli che proprio non vogliono saperne di staccarsi e andare per la propria strada. E’ difficile scegliere, ma tra i tanti, questi sono i più amati:
Elijah McGowen (ben quattro volumi, negli storici della frontiera);
Larth/Tarxne del Ciclo degli Etruschi;
Phails di L'Ultima Terra Oscura (Premio Italia 1990);
Illait di Isley dell'Anno Mille (quattro volumi);
Etienne de Villard di Il Margine dell'alba.
- Come mi  preparo per scrivere un romanzo? E per quanto tempo vi  lavoro?
Naturalmente dipende dal romanzo. Per Absedium la preparazione è stata lunga, perché il primo passo è stata la rilettura del De Bello Gallico. E poi un attento lavoro di ricerca su un territorio che comunque, essendo il mio, è ricorrente come sfondo ai miei romanzi. Questo tipo di studio e ricerca è fondamentale per ogni romanzo storico e richiede mesi (fino a un anno per il ciclo degli Etruschi!) Quando invece si tratta di “inventare” un nuovo mondo, come nel caso di Lisidranda, il lavoro di creazione richiede soltanto esperienza e coerenza, perché il mondo inventato deve essere plausibile e apparire assolutamente reale ai lettori.  Una precisazione: un romanzo ambientato in un'epoca storicamente realistica deve rispettare assolutamente il contesto geografico, storico, sociale e ambientale in cui è svolto; è quindi un romanzo dove personaggi realmente esistiti e personaggi creati dall'autore interagiscono nell'ambito di una trama inventata dall'autore, ma nel contesto di eventi storici reali, in un paesaggio reale, che il lettore può ancora riconoscere ed eventualmente anche raggiungere e visitare. Un autore di romanzi storici ha, a mio avviso, la licenza di interpretare la storia da differenti punti di vista, ma non di cambiare quello che è effettivamente accaduto. Con la trilogia degli Etruschi, io ho interpretato la nascita di Roma dal punto di vista degli Etruschi, e quindi tutta la storia che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola così come ci è stata tramandata dai vincitori romani l'ho vista con gli occhi degli sconfitti, gli etruschi; ma non l'ho cambiata. I romani sono rimasti i vincitori e gli etruschi gli sconfitti; ogni battaglia e ogni evento è rimasto lo stesso e ha seguito l'andamento e l'esito che gli storici hanno tramandato. Così è accaduto anche per "Il Margine dell'alba", dove le vicende personali della figura storica del capitano Lacazette e di tutte le altre figure storiche sono riportate fedelmente, come gli eventi e le battaglie. E così è stato per Absedium. Ma, lo confesso, mi piacerebbe qualche volta poter davvero cambiare la storia.
Come “arrivano” i personaggi della Storie di cui scrivo?
Arrivano per caso, inaspettati, in un momento qualsiasi; magari incontrando una targa a un angolo di strada, o scoprendo un opuscolo in qualche piccola libreria di paese... ti sussurrano all'orecchio: riportami alla vita. E tu sei perduta, perché da quel momento di quel personaggio devi sapere tutto, e poi arriva la Storia e nasce il romanzo. E' stato così con il capitano Lacazette di Il Margine dell'alba e con Vercingetorige, respirando l’aria dell’oppidum di Gergovia nell’Alvernia. E' sempre così. Così in questo momento non so quale personaggio mi incontrerà per vivere di nuovo. 
- In questi anni di attività ha sempre avuto una predilezione per il fantastico, che significato ha per lei questa tematica?
Una premessa: un romanzo ambientato in un'epoca storicamente realistica deve rispettare assolutamente il contesto geografico, storico, sociale e ambientale in cui è svolto; è quindi un romanzo dove personaggi realmente esistiti e personaggi creati dall'autore interagiscono nell'ambito di una trama inventata dall'autore, ma nel contesto di eventi storici reali, in un paesaggio reale, che il lettore può ancora riconoscere ed eventualmente anche raggiungere e visitare. Un autore di romanzi storici ha, a mio avviso, la licenza di interpretare la storia da differenti punti di vista, ma non di cambiare quello che è effettivamente accaduto. Con la trilogia degli Etruschi, io ho interpretato la nascita di Roma dal punto di vista degli Etruschi, e quindi tutta la storia che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola così come ci è stata tramandata dai vincitori romani l'ho vista con gli occhi degli sconfitti, gli etruschi; ma non l'ho cambiata. I romani sono rimasti i vincitori e gli etruschi gli sconfitti; ogni battaglia e ogni evento è rimasto lo stesso e ha seguito l'andamento e l'esito che gli storici hanno tramandato. Così è accaduto anche per "Il Margine dell'alba", dove le vicende personali della figura storica del capitano Lacazette e di tutte le altre figure storiche sono riportate fedelmente, come gli eventi e le battaglie. E così è stato per Absedium.
Ma mi piacerebbe qualche volta poter davvero cambiare la storia.
- Cosa consiglia ad un aspirante scrittore? Quali i primi passi da compiere?
Che cosa consiglio ad un aspirante scrittore?
1) autocritica -  2) tenacia - 3) sacrificio
Proprio in quest'ordine, perché è facile scrivere ciò che piace, più difficile è capire se ciò che abbiamo scritto può piacere anche ad altri. La convinzione degli aspiranti scrittori che assediano gli editor è che ciò che si è scritto per se stessi debba forzatamente interessare qualcun altro. Nove volte su dieci una storia, anche se ben scritta, è improponibile in un mercato che deve sostenere il confronto con autori stranieri maestri nel genere, e un editore non può correre il rischio di proporre un titolo non in grado di sostenersi. Le leggi del mercato editoriale sono piuttosto rigide; per un piccolo editore, al di fuori dei grandi gruppi, sbagliare anche un solo titolo nel programma di un anno può portare a un danno spesso irreparabile. Inoltre, la principale pecca degli autori esordienti è l'assoluta mancanza di professionalità (intesa come capacità di taglio, revisione e presentazione del testo), e questa mancanza segna, e limita, anche quegli autori che, pur avendo pubblicato qui e là qualche racconto, non riescono poi a compiere il passo verso i grandi editori.  
Tenacia, perché ne occorre davvero molta per farsi "notare".
Sacrificio: è opportuno chiedersi, prima di iniziare un lavoro serio, quanto del proprio tempo e dei propri interessi possono essere abbandonati per dedicarvisi. Perché alla fine saranno davvero tanti.

Ecco qua, il post è finito. Oggi mi è stato fatto un grande onore. Ho potuto raccontarvi di una grande scrittrice e abbiamo tutti insieme potuto godere di ottimi consigli  e di un racconto diretto della sua storia come autrice. In anteprima posso dirvi che a ottobre uscirà il suo prossimo romanzo: 
"IL MINISTERO DELLE ULTIME OMBRE", Fanucci Editore. 
Ringrazio con tutto il cuore la signora Mariangela Cerrino per aver scelto questo blog, per averci offerto uno spaccato importante di cosa significhi essere scrittori. Grazie, mille volte grazie.

© 2015 di Massimiliano Riccardi

sabato 15 agosto 2015

BUON FERRAGOSTO


Buon ferragosto, a quelli che come me lo passeranno al lavoro e sono comunque contenti di fare la propria parte, a quelli che il lavoro lo stanno ancora aspettando, a quelli che non ce l'hanno più e guardano al futuro con gli occhi velati di disperazione, buon ferragosto a chi se ne fotte perché tanto l'importante è seguire la squadra del cuore. Buon ferragosto a chi vive la vita seduto davanti ha un PC giudicando il mondo e non si è ancora sporcato le mani con la vita, quella vera. Buon ferragosto a tutti, belli e brutti, perché un augurio, come il saluto, non si nega a nessuno. Buon ferragosto alla mia città, devastata dalla disoccupazione, con le fabbriche chiuse, con le alluvioni cicliche e le buche nelle strade che sembrano scavi archeologici, che è Superba solo perché ce lo dicono gli altri. Buon ferragosto a chi guarda i propri figli e tira dritto stringendo i pugni, per loro. Buon ferragosto a chi ha pietà per quelli che pietà non hanno. Buon ferragosto alla vita, anche se alle volte ci sorride beffarda. Buon ferragosto a me che a un'ora dallo scrivere tutta questa riga di cazzate sarò con i miei pazienti cercando di trasmettere una forza che talvolta nemmeno io ho.

Per concludere questa divagazione da sindrome bipolare vi lascio in omaggio un mio articoletto scritto nel 2009. 
Buon ferragosto.


"Il mattino ha l'oro in bocca, dice il Prete rosso, questo è senza ombra di dubbio vero.
Il Re si sveglia presto, di proposito. La corte lo segue ligia, lustra, sottomessa, pronta a raccogliere la goccia di bava cadente. 

Con lingua nervosa. 
Goccia di bava del potente... nettare per il sicofante. 
Non sottovalutate il Re, egli non dorme mai, non ozia come noi, lavora, prepara. Udite lo stridore dei meccanismi surriscaldati dal troppo lavoro. E' in arrivo l'era luminosa, non ci sono più poteri oscuri, non c'è più tirannia violenta... siamo liberi, liberi...liberi di fregarcene altamente. L'era dell'accidia, dove tutto scorre sotto i nostri occhi, dove le chiacchiere sulla giustizia e la liberta, si interrompono per via della pubblicità. Dove mentre parlo di ideali mi viene in mente... nulla... non mi viene in mente nulla. 
Però è cosi consolatorio pensare di avere dei valori, mentre si vivono le stesse cose di tutti gli altri, mentre si cercano i benefici che cercano tutti gli altri, mentre si cerca l'approvazione come tutti la cercano, mentre si predica bene e si razzola male. 
Questa è la nuova corte, non più pretoriani armati, non più guerrieri spietati pronti a difendere il Re nero, ma una moltitudine di chiaccheroni con in mano una birra e l'altra mano sui coglioni. 
Faremo muro. Infrangibile. Il muro della finta partecipazione. Solidissimi mattoni di indifferenza a difendere questo potere. E saremo premiati, niente più fruste sui nostri dorsi, ma partite di calcio a tre euro, tv 24 ore su 24, blockbuster sempre aperti, rate e mutui per tutte le tasche. La rivolta è stata sedata, non a raffiche di mitra ma a colpi di consigli per gli acquisti. Non si può uccidere il Re, perché il Re vive in noi."

 Marzo 2009


© 2015 di Massimiliano Riccardi

venerdì 14 agosto 2015

I migliori del mondo... diciamolo senza paura ma senza prenderci sul serio... non siamo mica tedeschi

Questo post, subito sotto il cuoricino pacchiano, nasce dopo aver letto un articolo che descrive i pregiudizi che molti stranieri hanno nei confronti dell'Italia e degli italiani. Ora... consapevole dei nostri limiti, degli episodi di cialtroneria, della mala politica e di tutte quelle belle cosine che ci rendono agli occhi di molti una caricatura folckloristica, vogliamo dire finalmente che gli stessi difetti sono abbastanza comuni anche nel resto del mondo? Forse noi siamo autocritici e autolesionisti al punto da sottolineare le nostre stesse mancanze e addirittura avvalorare le critiche che ci vengono mosse, giusto, anche in questo ci dimostriamo intelligenti.
Siamo un Paese di cialtroni, ok, è vero. Siamo il paese della mafia, ok, è vero. I nostri politici sono per la maggior parte dei casi dei farabutti, ok, è vero. Però...
Però, scusate... 
e dico scusate, 
scusate se vi abbiamo portato IL RINASCIMENTO,


 scusate se vi abbiamo inventato IL TELEFONO grazie a Meucci, 


scusate se girate in macchina solo grazie al fatto che Bersanti e Matteucci nel 1853 hanno inventato IL MOTORE A SCOPPIO,
scusate se vi abbiamo regalato IL PIANOFORTE grazie a Bartolomeo Cristofori,

scusate se siamo arrivati ai computer perché il fisico di Vicenza Federico Faggin ha inventato il microchip,

scusate se la prima università del mondo è nata in Italia e precisamente a Bologna nel 1088,

scusate se la maggior parte degli attori e cantanti famosi nel mondo sono di origine italiana,
e non contiamo i nostri Fellini, Antonioni, Rossellini eccetera eccetera eccetera, scusate. I mille scienziati, artisti, eccetera, scusate, 
però fatelo...scusatemi, altrimenti continuo.
Insomma ci sarebbe da scrivere per ore. Giorni. Mesi. Anni. Ere.
Questo impeto di sciovinismo, che per altro non mi appartiene, è solo un gioco, una burla, un invito a non buttarci giù. 
Ce la possiamo fare, ne usciamo dai casini, è già successo. Siamo bravi in questo. I nostri difetti sono le nostre virtù, perché siamo intelligenti, ci adattiamo, ci evolviamo, insomma... 
... scusate se è poco.

Per chi non avesse capito che si tratta di facezie...



© 2015 di Massimiliano Riccardi

mercoledì 12 agosto 2015

ANTOLOGIA DI SPOON RIVER di Edgar Lee Masters


Che cosa insegna la vita? Che cosa rimane di noi? Perché commettiamo gli stessi errori, incessantemente, al punto che la storia sembra quasi un gioco perverso destinato a ripetersi? Chi di noi può tirare le somme e a buon diritto dire la sua sullo scopo dell'esistenza umana?
Non è possibile dare risposte, se non illusorie e mediate dalle esperienze personali. Soltanto l'arte ci viene in aiuto, con frammenti di pensiero fissati su carta, sulla tela o con melodie destinate all'eternità.
Un grande poeta, uno scrittore, tentò più di un secolo fa un esperimento artistico che impresse nelle coscienze di allora una sorta di marchio d’inquietudine.
Era il 1914, Edgar Lee Masters pubblicò sul Mirror di St. Louis la prima delle poesie che diventeranno, una volta raccolte, L'ANTOLOGIA DI SPOON RIVER.

Un esperimento ardito: a parlare saranno i morti, gli unici ad aver visto tutto e a conoscere l'epilogo di ogni cosa.
Ogni poesia proposta sotto forma di epitaffio. Chi meglio dei morti può a buon diritto dire la sua in merito agli accadimenti della vita.
Un escamotage narrativo brillante, il racconto è spesso crudo, drammaticamente realistico. Immensamente malinconico, a tratti crudele e derisorio.
Un dito puntato contro i benpensanti, gli ipocriti, talvolta dal tocco lieve, tenero e consolatorio, ma soltanto verso le anime fragili e semplici.


Le poesie colpiscono per lo stile che non è mai declamatorio. Il risultato, nelle intenzioni dell'autore, non doveva apparire stucchevole. Masters, volle e ottenne che la prosa predominasse sulla rima.
I morti, attraverso le lapidi, ci lanciano messaggi, ci accusano, ci deridono, tentano di consolarci, ci raccontano cose minute e banali ma altrettanto importanti perché piene di vita, sentimenti, amore, piccoli egoismi, grandi tormenti.
I defunti appaiono distaccati, quasi annoiati. Il peggio o il meglio per loro è passato. I messaggi sono tanto più veri quanto più appaiono disinteressati. I trapassati non devono convincerci di nulla, raccontano e basta. Non ci sono formule o trattati che schiudono gli occhi agli ignavi. Una vera risposta non esiste. Le grandi tematiche esistenziali continueranno a essere dibattute, forse sarà così per sempre.
L'Antologia di Spoon River ci permette soltanto di riflettere una volta di più, in modo distaccato. In qualche misura è assolutoria nei confronti dei nostri limiti, perché a raccontarci della vita, saranno i defunti. Loro parleranno in vece nostra, loro si faranno carico di tutti i peccati del mondo, a noi non rimane che immaginare una sorta di resurrezione dalle nostre miserie. Ammesso di riuscire a coglierle.
Spesso dietro affermazioni apparentemente banali, epitaffi semplici e scarni, ritroviamo spunti per verità più grandi, sconvolgenti.
Edgar Lee Masters, un autore attualissimo, perché, a quanto pare, siamo ancora tutti immersi nel marasma emotivo, alla ricerca incessante di risposte o di soluzioni.
Un capolavoro. 

Consigliato.

© 2015 di Massimiliano Riccardi.

lunedì 10 agosto 2015

L'ANGELO DELLE TENEBRE di Caleb Carr ( 1998, Thriller )


Ci sono tematiche dure da digerire, cose che preferiremmo non sentire ne vedere. Impossibili da concepire. Partendo da questo assunto Caleb Carr ci regala un thriller mozzafiato. 
La cornice è la New York del 1897, gli Stati Uniti vivono situazioni di tensione con la Spagna, venti di guerra scuotono le rispettive bandiere, siamo prossimi alla guerra Ispano-Americana, gli interessi in ballo sono molti: l'annessione di Portorico, l'egemonia su Cuba, il controllo dei traffici marittimi grazie alle basi nelle Filippine. Nel bel mezzo di questo caos tra i due governi, viene rapita la figlia piccola di un importante diplomatico spagnolo. Parte un implacabile caccia all'uomo, gli investigatori sanno che si tratta di una lotta contro il tempo, difficilmente i casi di rapimento di bambini hanno un esito felice se non vengono risolti a breve termine, inoltre, la posta in gioco è molto più alta, questo mistero potrebbe essere la miccia per scatenare la rottura definitiva tra le due nazioni e mettere il governo americano dalla parte del torto. Personaggi storici realmente esistiti partecipano alle indagini. Le piste da seguire sono molte, le tracce portano verso direzioni inaspettate, omicidi seriali di bambini. Sotto gli occhi di tutti, degli innocenti vengono assassinati, omicidi irrisolti perché nessuno vuol credere a quello che sarebbe palese se non esistesse il pregiudizio. Un tabù duro da superare nella società della fine dell'ottocento. Le menti rifiutano di prendere atto della sconvolgente verità. Una verità scomoda. Atmosfere cupe, tenebrose, personaggi foschi dalla doppia personalità, una New York violenta, brutale, squallida, luci e ombre che si intrecciano. La storia è crudele e inquietante. Consigliato.

© 2015 di Massimiliano Riccardi. 

sabato 8 agosto 2015

UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA - Americani in vacanza: uffa questi europei, dalla Transilvania alla brughiera tutto un pullulare di mostri

Bisogna dirlo, perché è così, dagli albori del cinema il pubblico americano è condizionato dall'idea che la vecchia cara europa sia tutto un pullulare di vampiri, licantropi, mostri di Frankenstein, mummie vaganti, golem, dottori bipolari come Jekyll e chi più ne ha... ne metta. La filmografia è ricchissima, filmoni e filmetti, di tutto un po'.
Ci offendiamo? Naa, se lo scotto da pagare per essere vittima di stereotipi è gustarci molti dei capolavori che Hollywood ci ha regalato... possiamo sopravvivere e superare il trauma.
Nel 1981, un giovane, un trentunenne di Chicago decide di dare una svolta al mondo dell'horror: paura; effetti speciali innovativi per l'epoca; colonna sonora magnifica di Bernstein e con pezzi di Sam Cooke, Van Morrison, Creedence Clearwater Revival; umorismo macabro; azione; make-up artist da premio oscar. Insomma un vero e proprio insieme di fattori destinati a creare un cult della storia del cinema. Quel giovane è John Landis, dopo il grande successo di Animal House e The Blues Brothers, decide di tornare sui suoi passi e memore del gusto che gli aveva procurato il suo film di esordio Slok (horror satirico), del 1973 ma uscito in Italia nell'82, scrive e dirige Un lupo mannaro Americano a Londra
                                 (John Landis saluta la concorrenza: "io sono un genio, voi non lo so")
La trama è persino troppo scontata, addirittura un chiaro riferimento a "Il mastino dei Baskerville", quindi nulla di nuovo sul fronte della narrazione, non ve la racconto, la trovate QUI.
La grandezza di questo filmone, filmaccio, filmissimo, è nella giusta miscela degli elementi che abbiamo elencato prima. Non credo di essere una voce isolata nel deserto se uso ad alta voce il termine CAPOLAVORO. 
Il film ottiene, giustamente, un grosso successo di pubblico. Non voglio annoiarvi con altri dettagli, che per altro sono stranoti e reperibili sul web, voglio solo consigliare 97 minuti di spettacolare e divertentissimo cinema d'autore. Quindi, armatevi di dvd, blu-ray, vecchie vhs e godetevi lo spettacolo... ma sopratutto...guardatevi dalla luna ragazzi.

© 2015 di Massimiliano Riccardi

mercoledì 5 agosto 2015

LA MANO DEL MORTO




È incredibile come spesso storia, leggenda e presente siano uniti da un unico filo. Soprattutto è incredibile come tutto si fonda formando l'immaginario collettivo rendendo difficile distinguere ciò che è mito e quello che è reale.

Ci sono personaggi diventati leggendari la cui vita è stata segnata da violenza e lotte, che riescono addirittura a caratterizzare un'intera epoca, come ad esempio quella del lontano west. Uno di questi personaggi è James Butler Hickok sopranominato Wild Bill Hickok "il principe dei pistoleri".

 Un uomo duro, spietato, già famoso in vita per le sue imprese grazie ad articoli della stampa delle grandi città dell'est che esaltavano le gesta dei pionieri del, per allora, lontano ovest. Nasce nel 1837 nel Kansas, prima contadino, poi desideroso di rendersi utile partecipa ai primi movimenti antischiavisti, la brama di avventure lo porterà a far parte dei mitici e coraggiosi Pony Express. Nel 1861 inizia la sua fama: in uno scontro a fuoco uccide il capo di una famosa banda di fuorilegge, un certo Dave McCanles. Con lo scoppio della guerra civile si arruola nell'esercito dell'Unione operando come Scout e distinguendosi per coraggiose azioni di esplorazione in territorio nemico. Al termine della guerra lavora, su incarico del governo, come U.S. Town Marshall, una specie di sovraintendente di tutti gli sceriffi delle lande del west ancora in corso di civilizzazione. Dopo questa esperienza passa all'attività di sceriffo nelle città che pagavano meglio e che più avevano bisogno di un Marshall determinato e senza paura. Epiche sono le gesta nelle città di frontiera come Hays City, Abilene e Deadwood. 

Proprio a Deadwood termina l'avventura del "selvaggio Bill". Durante una partita di poker, nel saloon Nuttal & Mann's, un certo John "naso rotto Jack" McCall gli spara alle spalle uccidendolo, una vera e propria esecuzione che risulterà essere un omicidio su commissione di antichi rivali. Wild Bill cade lentamente e in silenzio dalla sedia colpito a morte, stringendo tra le mani una combinazione di carte che passerà alla storia come "la mano del morto": Una doppia coppia nera di 8 e di assi. È il 2 agosto 1876. Fiori e Picche, storia e leggenda, vita e morte, gioco e destino. Strana la sorte, alle volte l'unica eredità è un giro di carte in una mano a poker.

                                                           Wild Bill insieme ai suoi cari amici Buffalo Bill e Texas Jack



© 2015 di Massimiliano Riccardi.

martedì 4 agosto 2015

Ai confini della realtà (twilight zone). E se capitasse davvero?


Ho spesso immaginato la fine del mondo, ovviamente con i dovuti scongiuri avendo figli. Pensando alle cose che amo di più e volendo mettere in scena la più delirante delle situazioni, ho ipotizzato di rimanere drammaticamente e inesorabilmente solo. Niente più amici, niente donne, niente famiglia, nessuno a farmi compagnia. Tremendo. Poi nel girovagare in mezzo alle macerie desolanti di questa apocalisse,  mi rendo conto che qualcosa è rimasto. Il tempo. Tutto il tempo che voglio. I libri, tutti i libri del mondo a mia disposizione. Una delle passioni più grandi della mia vita finalmente verrà assecondata, la mia sfrenata e compulsiva voglia di leggere tutto è finalmente pronta per essere definitivamente soddisfatta.
Ovviamente, come nella migliore tradizione delle sfighe sempre in agguato, cado e mi rompo gli occhiali. DIO MIO!!! La fine.
I più vecchiotti hanno già capito che questa storiella è rubata di sana pianta da una puntata di "Ai confini della realtà" (twilight zone), e in particolare dall'episodio memorabile che vede protagonista Burgess Meredith in "Tempo di leggere".
(Burgess Meredith nel celebre episodio Tempo di leggere (1959), 8º della Stagione 1 de Ai confini della realtà, il 1º ad essere trasmesso in Italia 1962)

Per chi ha tempo e voglia di svagarsi durante le vacanze con qualche vecchio film e telefilm, consiglio di recuperare le puntate di questa straordinaria serie tv. Troverete tutti gli ingredienti del fantasy e dell'assurdo che hanno creato quel tipo di cinematografia "di genere" che ancora oggi apprezziamo.
Ai confini della realtà: consigliato.


© 2015 di Massimiliano Riccardi


sabato 1 agosto 2015

L'invito più bello della storia 1000 fans: Foo Fighters come to play in Italy

Gustatevi questo video incredibile girato in Romagna (Cesena). E' di una bellezza commovente, mille (1000) rockers suonano e cantano all'unisono per chiedere a Dave Grohol (ex dei Nirvana), leader dei Foo Fighters di venire a suonare in italia e precisamente a Cesena. Fantastico.



Ma che bella gioventù, posto meraviglioso, bella musica.