scrivere per vivere vivere per scrivere

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La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. (René Descartes) ********************************************************************************************** USQUE AD FINEM

martedì 30 giugno 2015

MEMORIE E NUVOLE PARLANTI - FUMETTO MON AMOUR



Molto spesso consideriamo gli avvenimenti e le cose valutando, come amo ripetere, "per sentito dire", quindi siamo portati a giudicare secondo parametri che ci sono stati inculcati. Mi spiego meglio: un certo tipo di stampa, alcuni intellettuali di posa, tristi censori del presunto buon gusto, "appioppano" etichette a fenomeni rilevanti di comunicazione classificandoli come non artistici, culturalmente irrilevanti se non addirittura nocivi dal punto di vista psico pedagogico. Un esempio tra tutti è il mondo del fumetto. Purtroppo, il fumetto è considerato da molti come una forma d'arte di serie B. Io non credo sia vero, anzi, come alcuni sostengono possiamo tranquillamente parlare della Nona arte.
Da collezionista, possiedo raccolte sterminate prevalentemente Bonelliane ma anche di altre case editrici, posso dire che nel mondo delle nuvole parlanti si trovano esempi altissimi di tecnica  del disegno e di sceneggiatura, storie incredibili che hanno in molti casi contribuito a formare l'immaginario collettivo. Potremmo citare numerosi esempi di fumetto d'autore partendo, magari, dai  francesi e dai belgi, più che prolifici, dove troviamo i creatori di TIN TIN, Lucky Luke, Asterix, Titeuf, l'immenso  e bellissimo Blueberry, Michel Vaillant e molti altri. Evito di citare i fumetti dei poderosi argentini come Robin Wood, Carlos Trillo, Mordillo, Josè Salinas ecc… Tralascio l'excursus su Disney perché già troppo si è scritto e detto, anche se capisco che sarebbe doveroso, salto a piè pari la Marvel  e la DC forse perché a parte rare eccezioni non sono di mio gradimento. Insomma, un mondo intero di artisti ha scelto questo meraviglioso mezzo di comunicazione per trasmettere emozioni e bellezza. Non è forse questa arte?
L'Italia ha contribuito in maniera significativa, bastano pochi nomi per risvegliare memorie antiche e piacevoli suggestioni: Bonvi, Jacovitti, Max Bunker, Hugo Pratt, Tiziano Sclavi, Bonelli, Leo Ortolani, Magnus, il trio EsseGesse, Crepax, Altan, Castelli, Manara, Andrea pazienza, la lista sarebbe lunghissima e con senso di frustrazione (ci vorrebbe un'enciclopedia e non un semplice post su di un Blog), tralascio molti, moltissimi altri valenti autori e disegnatori che hanno fatto la storia.
Tutta questa tirata per arrivare al nocciolo della questione, volevo parlare di uno tra i tanti personaggi che ho veramente amato. Sono stato prolisso e non ho aggiunto niente di nuovo  alle conoscenze di chi ha la bontà di leggermi ma non potevo esimermi dal ripercorrere, anche solo citandola, una frammentaria lista di vere e proprie colonne portanti di questa fabbrica di idee, immaginazione che è il mondo del Fumetto. Quindi veniamo al dunque.




Nel 1975, un'Italia in bilico tra le forze più conservatrici e la spinta innovativa della rivoluzione post sessantottina, vede la nascita di un personaggio che solo in apparenza è assimilabile agli eroi già esistenti nel panorama fumettistico.  Guido Nolitta (pseudonimo usato da Sergio Bonelli) inventa Mister No. Le storie sono ambientate in Brasile, Mister No abita a Manaus, per vivere accompagna i turisti con il suo Piper in voli di piacere sulla foresta amazzonica. Le avventure sono comunque ambientate nel resto del sud America e occasionalmente in altri continenti. Ovviamente ne capitano di tutti i colori e ogni puntata è ad altissima tensione emotiva. Lui dice No, no alle ingiustizie, alle prevaricazioni, alla violenza gratuita. Un bastiancontrario fatto e finito, che non si piega alle convenzioni del mondo consumistico.
L'operazione è ardita, c'era bisogno di un eroe da fare proprio, da amare, da seguire nelle sue avventure. Doveva essere un eroe non di rottura, un anticonformista a tutto tondo, il rischio sarebbe stato quello di creare un personaggio di nicchia seguito solo da giovani ideologicamente identificabili, tutto si sarebbe ridotto a un fenomeno marginale dedicato a pochi... L'operazione di Bonelli, bisogna contestualizzare e considerare l'epoca, fu un vero e proprio tentativo di ribaltare la visione dell'eroe classico. Per la prima volta incontriamo un anti eroe, assolutamente inserito nel sistema ma senza farne parte in maniera organica. Le caratteristiche sono comuni  agli altri personaggi Bonelliani: coraggio da vendere; prestanza fisica; forza.  Per la prima volta, però, incontriamo un eroe capace di scontrarsi con il potere costituito, senza volerlo necessariamente abbattere ma piuttosto di cambiarlo. Un eroe che beve, si ubriaca, impreca, va a donne, ma che ama l'ambiente e lo protegge, che agisce non tanto per un generico e aleatorio senso dell'onore ma piuttosto per tutelare e proteggere le persone. Un eroe umano che considera l'uomo qualcosa di importante a prescindere dalla razza o dal credo religioso. Ironico, dissacratore, sempre al verde, con una visione della vita fanciullesca ma pronto a mettere in gioco la propria vita per salvare quella di un amico o di un estraneo perseguitato. Bellissime sono le puntate dedicate alle lotte in difesa degli indios della foresta Amazzonica. Per quasi trent'anni Jerry Drake, il vero nome di Mister No, ci ha fatto immaginare avventure incredibili. Se chiudo gli occhi riesco a immaginarmelo mentre alla guida del suo sgangherato Piper mi saluta con la mano e mi incita a fare come lui, volare e guardare tutto dall'alto e vivere intensamente come se non ci fosse un domani.

Penso che questo post non abbia assolutamente arricchito nessuno di informazioni che non siano già di pubblico dominio e stranote ai più. Ho voluto solo rendere omaggio a uno dei tanti "fabbricanti di sogni" che hanno allietato la mia gioventù. 

Boa noite, meus amigos.




© 2015 di Massimiliano Riccardi

venerdì 26 giugno 2015

James Ellroy - AMERICAN TABLOID


«Erano sbirri corrotti e artisti del ricatto. Erano intercettatori, soldati di fortuna e cabarettisti froci. Se solo un istante delle loro esistenze avesse imboccato un percorso diverso, la storia americana come noi la conosciamo non sarebbe esistita.» J. Edgar Hoover, capo dell'FBI. Jimmy Hoffa, presidente del sindacato dei trasporti. Howard Hughes, editore miliardario. Robert Kennedy, senatore. John F. Kennedy, senatore e poi presidente degli Stati Uniti. Tra il 1958 e il 1963 questi erano gli uomini che tenevano in pugno l'America. Ma erano anche i protagonisti di una guerra sporca e segreta, affidata a spie corrotte e trafficanti di droga, a killer e prostitute. Mai così amaro, mai così violento, James Ellroy racconta, nuda e cruda, la storia di un'America senza eroi. Un'America che ha perso anche il ricordo dell'onore e dell'innocenza.

James Ellroy, pseudonimo di Lee Earle Ellroy (Los Angeles4 marzo 1948), è uno scrittore statunitense.
--Fonte wikipedia--

giovedì 25 giugno 2015

Niente è come sembra...



Niente è come sembra...: Storie di oggi e altro

di Marco Moretti

Cosa hanno in comune un profiler, una cantante, un manager e uno scultore? Racconti di oggi per parlare di uomini e donne, dietro le maschere che indossano. Giallo. thriller, noir e grottesco...come la vita e i personaggi che un uomo mostra al nipote attraverso storie narrate in un pomeriggio.

Note sull'autore:
Nato a Carrara nel 1962 e adottato da Genova nel 1990, dove vive e lavora. Ama la famiglia e la vita, da cui trae spunto per le sue storie. Ha frequentato i corsi di Narrativa presso StudioStorie - Genova e pensa che i personaggi siano ovunque, basta osservare e ascoltare. Nei suoi racconti niente è come sembra: le situazioni e i personaggi, il colpo di scena. Uomini e donne comuni che diventano, a modo loro, grandi, buoni o cattivi. Un pizzico di ironia e di grottesco...come nella vita.


Disponibile su Amazon http://www.amazon.it/Niente-come-sembra-Storie-altro-ebook/dp/B00WN2JOYG/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1435252751&sr=1-1&keywords=marco+moretti

martedì 23 giugno 2015

Sentieri selvaggi


Sentieri selvaggi. 
Un capolavoro non solo di John Ford ma del cinema nel suo insieme.  Uno dei primi tentativi (era il 1956), di affrontare il western gettando un occhio sul classico eroe stereotipato e l'altro sui nativi americani finalmente umanizzati e non semplici e brutali cacciatori di scalpi. Qui troviamo per la prima volta l'eroe americano che affronta la lotta contro il pregiudizio, il suo pregiudizio. 
Dal punto di vista della costruzione cinematografica, basterebbero le poche inquadrature iniziali per dare un senso alla parola CINEMA. Dal buio profondo si apre una porta sull'immensita' della prateria, una donna che si staglia, in attesa. Un uomo che giunge. La speranza di una nazione che nasce , dal buio della barbarie una porta si apre sulla luce accecante del futuro rappresentato dalle immensità della prateria americana, l'eterna lotta tra il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, l'amore che vince sul pregiudizio, un grande paese che progredisce e si sviluppa proprio grazie e attraverso le sue contraddizioni. Fantastico.

© 2014 di Massimiliano Riccardi

domenica 21 giugno 2015

TERRAFERMA - Un film che è un dito puntato contro l'egoismo e l'ipocrisia

Regia Emanuele Crialese

Un film dal forte impatto emotivo. Molto efficace la decisione di caratterizzare i personaggi grazie  all'uso del dialetto.
Viene posta una domanda fondamentale: cosa succede quando ti viene chiesto di rischiare tutto, spesso il poco che hai, per salvare chi non ha niente?  La risposta viene spontanea per chi osserva "la legge del mare", che poi è la legge dell'uomo. Quel semplice concetto è cosi radicato nei nostri protagonisti da essere un modo di vivere, dove agire con giustizia è una condizione imprescindibile. Un vecchio pescatore, povero, che non parla neanche l'italiano, ci ricorda cosa vuole dire essere uomini in un mondo fatto di uomini, a ogni costo, anche contro le leggi dello Stato se vanno contro il proprio codice che dice che non si abbandona nessuno in mare. Un codice che ci ricorda che solo tendendosi la mano, guardandosi negli occhi, si riesce ad andare avanti. Bravi tutti gli attori, belle le atmosfere, ti sembra di sentire il calore del sole della Sicilia e il salino incrostato sulla pelle, veramente un bellissimo film.

© 2014 di Massimiliano Riccardi

giovedì 18 giugno 2015

Edgar Allan Poe - Quando l'inquietudine e il tormento diventano arte


Gli amanti della letteratura conoscono sicuramente questo grande scrittore, poeta e novellista americano, chi non lo ha mai letto può comunque incidentalmente averlo incontrato attraverso le numerose riduzioni cinematografiche dei suoi racconti dell'orrore tanto in voga negli anni '60 spesso interpretate dal grande Vincent Price. Per non parlare dei cortometraggi, dei telefilm, delle serie tv, in questo caso superiamo  i 150 liberi adattamenti. Voglio riassumere gli aspetti fondamentali della vita di questo personaggio che amo molto senza pretese da biografo improvvisato, desidero solo mettere in evidenza una delle figure più emblematiche che hanno caratterizzato la passione per la letteratura della mia giovinezza.
Edgar Allan Poe, come dicevamo, fu un uomo inquieto, tormentato, vittima di sé stesso e di un'epoca puritana che lo ha mantenuto ai margini pur leggendolo con interesse pruriginoso ma mai apertamente apprezzato. C'è voluto il grande Charles Baudelaire, primo traduttore delle sue opere e apripista in Europa, perché questo immenso scrittore fosse conosciuto a livello mondiale. Altri artisti contemporanei di Poe o di epoche immediatamente successive, trassero ispirazione dalla sua arte: Mallarmé; Jules Verne; il giapponese Taro Hirai che assunse lo pseudonimo di Edogawa Ranpo versione fonetica anagrammata del nome di Poe; Lovecraft. Il suo stile gotico produsse quella che può considerarsi la matrice primaria della letteratura gialla e poliziesca.
Edgar (Allan) Poe nasce a Boston nel 1809 figlio di una coppia di attori girovaghi in perenni difficoltà economiche. I primi anni di vita di Poe furono caratterizzati dalla miseria e dai disagi. Perse presto entrambi i genitori a causa della tubercolosi. Viene adottato, anche se in maniera non ufficiale, da John Allan, un ricchissimo mercante della Virginia. La famiglia Allan si trasferì in Inghilterra, questo permise al giovanissimo Poe di accedere a studi regolari, qui si rivela immediatamente un lettore compulsivo e uno sfrenato amante della poesia e della musica. Nel 1821  ritorna negli Stati uniti e frequenta l'Accademia di Richmond da cui viene cacciato nel 1825 a causa delle sue numerose intemperanze. Gli anni della gioventù furono caratterizzati da uno stile di vita dissipato, dal gioco d'azzardo, dal bere, dagli amori femminili tumultuosi. Fu decisivo l'anno 1826, la rottura con il padre adottivo che si rifiutò di corrispondere ai debiti contratti da Poe durante il percorso formativo all'università della Virginia, portò al trasferimento a Boston dove pubblicò a sue spese "Tamerlano e altre poesie" che gli conferì  una prima fama. Gli anni dal 1827 al 1932 sono poco documentati. Poe si arruola nell'esercito raggiungendo il grado di sergente maggiore, poi in virtù del suo percorso scolastico riesce a entrare nell'accademia militare di West Point, anche li venne espulso per il poco rispetto della disciplina.
Intraprende la carriera giornalistica come redattore del "Gentleman's Magazine", pubblica articoli sull'"Evening Mirror", pubblica a puntate, su vari giornali la maggior parte dei racconti che conosciamo. Tra alti e bassi, più bassi a dire il vero, la carriera di Poe prosegue offrendoci una vastissima produzione tra racconti, racconti brevi, poesie, romanzi. Tra i romanzi citiamo "Storia di Arthur Gordon Pym", "Il diario di Julius Rodman".  Racconti memorabili come: I delitti della Rue Morgue; Il mistero di Marie Roget; La lettera rubata; Lo scarabeo d'oro.
Significativi e archetipi del romanzo gotico moderno sono i racconti del terrore come: La caduta della casa degli Usher; Una discesa nel Maelström; Manoscritto trovato in una bottiglia; L'uomo finito; Mai scommettre la testa del diavolo; Ombra; Morella; Berenice; Re peste; Silenzio, e tanti altri.
Abbiamo anche la possibilità di gustarci le raccolte "Racconti del grottesco e dell'arabesco" 1840, "Racconti in prosa" 1843, "Racconti" 1845. Vasta è anche la produzione poetica e saggistica.
Tutta questa produzione artistica non portò mai al giusto merito e all'agognata indipendenza economica. La vita di Poe fu un susseguirsi di vicende dolorose, come la morte della giovane moglie a causa della tisi. Il vizio del gioco, l'alcolismo, la dissolutezza dei costumi minarono la salute dell'uomo. Il culmine della vicenda umana di Edgar Allan Poe, assolutamente in linea con il personaggio, fu il ritrovamento dello scrittore in stato pre agonico in una stradina buia di Baltimora. Morì il 7 ottobre 1849 dopo quattro giorni di coma. Le cause della morte, attribuite a volte all'alcol piuttosto che alla sifilide o alla rabbia, non furono mai del tutto chiarite. Contribuì a creare un aura di mistero il fatto che al momento del ritrovamento non indossasse vestiti suoi e che le poche parole pronunciate prima di perdere i sensi furono l'invocazione di un certo e mai identificato "Reynolds".

Un mistero moderno legato alla figura di Edgar Allan Poe è quello del "brindatore". Un personaggio elegantemente vestito con il volto celato da una maschera. Ogni anno, Dal 1949 sino al 2009 la strana figura scivolava nel buio delle prime ore del mattino del 19 gennaio, giorno del compleanno di Edgar Allan Poe, compiendo una sua precisa routine: prima si versava un bicchiere di cognac e faceva un brindisi (in inglese, “toast”, da qui il suo soprannome “The Toaster”) alla memoria dello scrittore, e poi organizzava tre rose rosse in uno specifico ordine sulla pietra tombale, per poi svanire nella notte, lasciando la bottiglia di liquore mezza vuota. Nel 1993 lasciò un inquietante biglietto con scritto: "la torcia verrà passata".



© 2014 di Massimiliano Riccardi. Tutti i diritti riservati

sabato 13 giugno 2015

Facezie con implicazioni psichiatriche che spero mi perdonerete - La legge del divenire



La nostra Storia, dall'età dei titani si è trasformata nell'era dei nani e degli orchi. Chi crede più nella via della Tradizione, chi segue la via dell'onore? Forse bisognerebbe tornare alle radici, stiamo perdendo l'Europa, siamo in piena decadenza politica e culturale. Facciamo solo ciò che ci piace, mai più vedremo uomini che fanno ciò che conta e che a volte costa per sete di giustizia e perché ciò renderà più forte e pura la VOLONTA' e più energico il possesso di sé. La vita non è conservarsi, è lottare. Non è essere privi di passioni, ma possederle al massimo grado, senza esserne dominato ma dominandole, passare indenne attraverso a tutto ciò che è becero materialismo. La via del guerriero. L'amicizia, che è cosa sacra. L'onore, che è sopra ogni cosa. L'amore per la famiglia, per la Patria che vuol dire solo comunità senza implicazioni scioviniste di sorta, per tutto ciò che è elevazione dalle miserie umane. Retorica? Sì, retorica. Non importa. Non voglio avere paura di parole e di concetti solo perché non sono alla moda o possono essere fraintesi e riconducibili a una qualche ideologia. Non mi interessano le ideologie, ascolto il cuore e guardo al futuro. La tradizione come fondamenta per la costruzione di un futuro migliore. Nell'era della globalizzazione abbiamo imparato a correre veloce, ci siamo dimenticati la bellezza del passeggiare con spirito lieto, pronti a godere del paesaggio, in grado di ascoltare i rumori della natura, le parole della gente. Non ci fermiamo più a guardare negli occhi l'occasionale interlocutore. Non capiamo, non accogliamo, non sentiamo. Nell'era iper tecnologica siamo paradossalmente tornati a ricercare solo la soddisfazione dei bisogni primari, solo più velocemente. A questo sono serviti migliaia di anni di civiltà? Alle volte bisogna fermarsi, tirare un respiro profondo e concentrarsi su chi siamo, su cosa vogliamo realmente dalla vita. Valutare se i bisogni sono reali o indotti dal tipo di società che ci è stata costruita intorno. Abbiamo la possibilità di raccogliere informazioni, talvolta inutili, in un nanosecondo, con un semplice click, ma non ascoltiamo più storie antiche, non leggiamo più delle gesta di chi questa civiltà l'ha costruita immaginando una società di uomini consapevoli. Tutto si è appiattito, omologato. Veloce, è vero è tutto più veloce, ma la corsa è schizofrenica e non porta a nulla. Finirà in un momento dove ci troveremo spossati con la bava alla bocca a guardarci intorno, soli. Miliardi di solitudini che hanno vissuto pensando di essere una comunità soltanto perché hanno bevuto le stesse bevande, indossato gli stessi vestiti, guardato le stesse trasmissioni televisive, si sono fatte stordire dalle stesse pubblicità.
Un poeta giapponese scrisse: " nella mia capanna non c'è nulla... eppure c'è tutto! "
Voglio stare in piedi in un mondo di rovine, non voglio chinarmi ne mettermi seduto. Ip ip Hurrà, trallallero trallallà.
© 2014 di Massimiliano Riccardi. Tutti i diritti riservati

mercoledì 10 giugno 2015

Umberto Eco - 40 regole per parlare bene l'italiano


  1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
  2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
  3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
  4. Esprimiti siccome ti nutri.
  5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
  6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
  7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
  8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
  9. Non generalizzare mai.
  10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
  11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
  12. I paragoni sono come le frasi fatte.
  13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
  14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
  15. Sii sempre più o meno specifico.
  16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
  17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
  18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
  19. Metti, le virgole, al posto giusto.
  20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
  21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
  22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
  23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
  25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
  26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
  27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
  29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
  30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
  31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
  32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
  33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
  34. Non andare troppo sovente a capo.
            Almeno, non quando non serve.
     35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
     36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
     37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le   premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
     38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
    39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
    40. Una frase compiuta deve avere.
(tratto da: Umberto Eco, La Bustina di Minerva, Bompiani 2000) Rubato dal sito ITALIANA-Lingua e Cultura
 Direi che impone una sana riflessione e una attenta autocritica a tutti quelli che, come me, si dilettano a giocare con le parole. Spesso quello che diciamo e scriviamo è questione di vita o di morte. Vita o morte del pensiero.
Massimiliano Riccardi

mercoledì 3 giugno 2015

Vivaldi : La Follia





Antonio Vivaldi, "il prete rosso". Questo brano lo caratterizza. Solo un folle può concepire giri armonici di tale portata e bellezza.

lunedì 1 giugno 2015